Blog - 14-07-2022

Dati per una strategia: partiamo dalla fiducia

L'importanza dei dati per una strategia

Il consumatore al centro. Basta questa frase per anticiparti quanto emerso dall’analisi annuale Deloitte sulle tendenze globali del marketing digitale, ormai un appuntamento fisso per ogni agenzia di web marketing che si rispetti.

E per il 2022 c’è proprio il tema che ci sta più a cuore: il valore dei dati per elaborare una strategia efficace. Il nodo cruciale è capire quali utilizzare senza che gli utenti si sentano monitorati in modo eccessivo.

Addio terze parti, benvenuti dati di prima parte

La prima domanda che la ricerca Deloitte si pone è: quali saranno le strategie che le aziende adotteranno per intercettare correttamente e coinvolgere il proprio pubblico di interesse in uno scenario di cambiamento? 

Parliamo di cookie, non dei biscotti però. Vediamo di farla semplice: i cookie sono un pezzo del puzzle che possiamo costruire per avere i dati dei clienti. Esistevano cookie per ottenere dati di terze parti ed esistono cookie per dati di prima parte.

Niente più cookie di terze parti

Iniziamo dai dati di terze parti, argomento complesso e spinoso. Probabilmente ne avrai già sentito parlare, ma la spiegazione che ne dà Mozilla Firefox è sintetica ed esaustiva: “I cookie di terze parti sono cookie impostati da un sito web diverso da quello che si sta attualmente visitando. Ad esempio, il sito cnn.com potrebbe contenere al suo interno un pulsante "Mi piace" di Facebook. Quel pulsante imposterà un cookie che può essere letto da Facebook.” Vengono chiamati anche ‘cookie traccianti intersito’.

Quello del blocco dei cookie di terze parti è un percorso iniziato nel 2020 e Google ha dichiarato che l’abbandono sarà completo nel 2023. L’impatto più grande di questo cambiamento avviene nella targetizzazione delle pubblicità digitali. Sicuramente è un passaggio cruciale per le aziende grandissime, ma offre interessanti spunti di riflessione anche per le campagne marketing di piccole e medie imprese.

Nuove strategie per uno scenario che cambia

Ed eccoci giunti alla risposta alla domanda posta nell'indagine Deloitte: il 61% dei grandi brand in crescita ha risposto che adotterà o sta già adottando una politica di dati di prima parte. Un altro tema complicato, ma cerchiamo di orientarci quanto basta.

Quando parliamo di dati di prima parte in realtà potremmo parlare anche di un CRM interno all'azienda che ha nomi cognomi, e-mail ecc. I dati di prima parte possono essere ottenuti dal sito, ma non solo.

Se provengono dal sito, ad esempio, possono essere informazioni relative ad azioni, interessi e comportamenti che gli utenti compiono mentre lo navigano, tracciabili direttamente dal pubblico che ha dato il proprio consenso a farlo. Detto in parole semplici: tracciare senza permesso non è consentito.

Le persone che utilizzano un sito devono prima accettare che i propri dati di navigazione siano utilizzabili dall’azienda e per quali scopi. Un patto iniziale senza il quale la tua azienda non potrà monitorare alcunché.

Riassumendo, se i dati di terze parti non saranno più utilizzabili, l’alternativa, per altro di buon senso, è ricorrere esclusivamente a quelli di prima parte. Le opportunità migliori per acquisirli provengono da un gioco di scambio: dati in cambio di valore, online e offline.

Ad esempio, se in un sito web l’utente capisce che più dati fornisce, più la sua esperienza sarà completa, migliore e funzionale, sicuramente sarà più propenso ad accettare di essere profilato. Altri strumenti simili sono i programmi fedeltà, giochi a premi, e via dicendo.

dati per una strategia partiamo dalla fiducia focus 1

Non essere invadente!

Questa valutazione è strettamente collegata a un altro dato: il 53% dei consumatori prova una certa inquietudine verso il monitoraggio invasivo delle proprie azioni digitali. Come conciliare allora queste due posizioni?

Quando si parla di dati utilizzati a fini di targetizzazione, il confine tra utilità e invadenza è molto sottile. Solo se il tuo marchio è rassicurante e si preoccupa di stabilire prima una relazione con i suoi utenti per poi aiutarli con informazioni e servizi profilati riuscirà a non varcare quel confine.

Dobbiamo accettare il fatto che moltissime persone non vogliono che le aziende e i brand li monitorino. È una sfera privata - anche se difficilmente resta tale al 100% - a cui molti tengono gelosamente. È possibile trovare un compromesso? Secondo noi, sì.

La realtà è che l’uso di informazioni personali monitorate attraverso la navigazione nel tuo sito web può portare in due direzioni opposte: costruzione o distruzione della fiducia.

Come costruire una relazione di fiducia

Nel suo report, Deloitte ha sondato anche la predisposizione degli utenti a fidarsi. Ecco alcuni dei dati più interessanti che sono emersi:

  • il 68% delle persone intervistate trova utile che i brand da cui acquista regolarmente comunichino informazioni su sconti e offerte
  • il 53% vede negativamente la comparsa di annunci pubblicitari a proposito di temi affrontati poco prima con una persona via telefono, è una forma di ‘ascolto’ ritenuta troppo invadente

In generale, le persone accettano più di buon grado un monitoraggio poco invasivo, un compromesso insomma, da quei brand e aziende con cui hanno stabilito una relazione di fiducia. Prima ancora di parlare di dati, quindi, dobbiamo parlare di noi, del nostro valore come brand, delle promesse che facciamo alle persone e di come ci impegniamo a mantenerle.

Ma pensiamoci bene, per costruire un rapporto di fiducia serve prima di tutto la sincerità, la trasparenza, aggiungiamoci anche un po’ di senso di protezione. Diventa semplice capire come questo non vada d’accordo con sistemi di monitoraggio dati super invasivo. Sembra un tema lontano da quello di cui ti occupi quotidianamente, ma è importante iniziare a familiarizzare dando un senso ad alcune regole.

Dati di prima parte, facciamo chiarezza

Avere dati di prima parte, ovvero provenienti da utenti consenzienti di essere monitorati con chiarezza e trasparenza potrà essere solo un vantaggio. Complesso ottenerli, è vero, ma se adottiamo una visione nel lungo periodo tutto appare più leggero.

Come agenzia di web marketing sappiamo che avere tanti dati è utilissimo. Più ne abbiamo e meglio possiamo calibrare campagne pubblicitarie e di marketing automation. Di contro sappiamo anche che un castello di carte crolla facilmente. Tradotto: è compito anche dell’agenzia decidere a quali dati attingere, quanto e fin dove è necessario spingersi.

Il primo passo, quindi, è costruire un rapporto con il tuo pubblico. Comunica correttamente perché i dati che richiedi sono importanti, per l’utente e per la tua azienda, e come li utilizzerai, lasciando libero il pubblico di cambiare idea in qualsiasi momento. Capirà che gli stai proponendo un patto, non un’imposizione mal celata.

Il secondo passo è prendere coscienza che non esistono solo i dati di prima parte per conoscere le caratteristiche del tuo pubblico.

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Il sito web non è l’unica fonte!

Abbiamo spesso a che fare con aziende che operano in iper nicchie. Uno scenario che ci capita spesso è quello di imprese che vendono prodotti, magari, da centinaia di migliaia di Euro per lavorazioni ultra specializzate,solo in Italia. Quante visite potrà mai fare il loro sito web?

Se ci limitassimo ai dati di prima parte provenienti dal sito avremmo una visione molto ridotta del pubblico, dei suoi bisogni, dei suoi interessi. E allora la domanda è: cosa fare quando il tuo sito fornisce pochi dati? Fermarsi o allargare lo sguardo al di fuori?

Questo conferma di nuovo quanto già accennato: il sito web è una delle fonti disponibili con cui conoscere il tuo pubblico. Al di fuori dell’ecosistema di un marchio e del suo sito web, esistono tantissimi altri dati che possono aiutarci a entrare in connessione con le persone giuste.

Altrettanto vero è il fatto che non è semplice sapere quali cercare, dove trovarli, e soprattutto come interpretarli e metterli in relazione tra loro. Ecco il ruolo di un buon marketer oggi.

Pensiamo alle parole chiave, al loro valore come specchio di una cultura e di una società, digitale e non. Pensiamo alle ricerche condotte dai grandi istituti nazionali e internazionali. Pensiamo ai sondaggi, a cui moltissime persone partecipano con interesse per dare voce ai propri bisogni e desideri. Per non parlare di tutti i dati di prima parte di testate giornalistiche che condividono informazioni sul proprio pubblico di riferimento per attività di media planning.

Ma diciamocela tutta, l'automatizzazione delle comunicazioni e delle promozioni - che dai famosi dati di terze parti aveva tratto moltissima linfa - in fondo, è utilizzata soprattutto da grandi aziende. E per le PMI? Le fonti dati non mancano comunque: CRM, rete agenti, conoscenza del mercato, serve ‘solo’ un’agenzia che li studi e li connetta per creare la giusta strategia.

Per questo siamo consapevoli, a prescindere da terze e prime parti (ma è importante che tu ne sappia qualcosa dell’argomento), che il nostro lavoro come agenzia di web marketing sarà sempre più orientato a definire insieme a te un’attenta targetizzazione, capace di allargare lo sguardo a più fonti di informazione e di tradurre ogni connessione per realizzare campagne ragionate e super ottimizzate.

Ma allora, quanto sono importanti questi dati di prima parte? Moltissimo, e più ce n’è e meglio riusciamo a pianificare una strategia su misura per uno specifico bacino di utenti.

Attenzione però, anche senza una buona quantità di dati provenienti dagli utenti del tuo sito si può fare una strategia di marketing efficace. Mettiamola così, il sito web è solo uno dei cassetti da aprire per avere informazioni, ma se non troviamo le risposte che ci servono, è nostro compito cercare altrove e creare le giuste connessioni.

Perché i dati sono utili solo se interpretati correttamente, altrimenti è un po’ un quadro a metà. Non è un lavoro facile, soprattutto quando provengono da fonti diverse e tradurli in azioni concrete richiede una visione d’insieme.

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